MATERIALE DI STUDIO



Capire il nuovo, governare il cambiamento: verso un progetto di residenzialità solidale per il nuovo millennio.


PROGETTO ARNIA


ABITARE RESIDENZE NON INVASIVE AUTONOMIZZANTI



Materiale di studio e di riflessione teorica a cura di Marina CONTI




INDICE


Introduzione

Le nuove emergenze socio-abitative

Focus sugli  anziani

  1. Orientamenti del welfare

  2. Il Progetto di Villaggio Orizzontale e Verticale nel percorso A.R.N.I.A.

1° - l’inserimento della famiglia tutor o del tutor singolo con funzioni di custode sociale

2° - la struttura architettonica

3° - la domotica

4° - il design

5° - l’integrazione con il contesto urbano

Conclusioni




ORIENTAMENTI DEL WELFARE


Mentre il 2012 è stato proclamato “Anno Europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”, la crisi morde i bilanci dei Paesi Ue, ma anche e soprattutto il bilancio delle famiglie italiane che sempre più fanno fronte di tasca propria a spese di assistenza per soggetti fragili, come anziani e disabili. "Una riforma del welfare è improcrastinabile”.

Il sistema di welfare, costruito in decenni di politiche sociali ed economiche, sta rapidamente modificandosi, mettendo a repentaglio le tutele e le garanzie che la Costituzione assicura al cittadino.

Mentre aumentano le fasce di povertà, non si riesce a scorgere una visione strategica che unisca agli interventi dettati dall’emergenza economica nuovi modelli sociali comprensibili e sostenibili.


Il welfare in Italia ha una tradizione molto ampia e articolata che deriva dalla rete di beneficenza cattolica, dal filone della mutualità operaia, dal sistema centralista del fascismo e della prima repubblica, dal successivo decentramento. Oggi è diventato riparativo, quindi prevalentemente istituzionalizzato, ospedalizzante e previdenziale. Con una spesa annua a famiglia - precisa uno studio Censis - pari a 958 euro per servizi non coperti dal SSN (dai farmaci a prezzo pieno non rimborsabile). La famiglia in Italia  è ancora un paracadute affidabile, ma aumentano lo stress e i problemi di conciliare l'accudimento con il lavoro. Per cui, in tempi di crisi, aumenta il ricorso alle 'badanti. Una spesa che diventa ''catastrofica'' per il 4,1% delle famiglie perché supera il 40% della capacità di pagamento.

I bisogni assistenziali delle famiglie italiane sono consistenti ed in crescita, basta considerare il trend di invecchiamento della popolazione. Da un’indagine del Censis emerge che il 30,8% delle famiglie italiane oggi abbia una situazione che configura carico assistenziale per la famiglia: nel 9,3% c’è un bambino in età scolare e nel 20,1% un minorenne, nel 6,9% delle famiglia c’è un anziano non autosufficiente o un adulto con disabilità assistito a casa. Tuttavia il contributo pubblico al sostegno è in costante diminuzione e registra anche forti variabilità territoriali: per l’assistenza agli anziani la spesa media pro capite dei Comuni è di 117 euro, ma con quote che passano dai 165 nel Nord-Est a 59 euro nel Sud. In generale, per le situazioni di disagio (anziani, disabili, ecc.) nel 2008 i Comuni hanno speso in media 111 euro pro capite, pari a 6,7miliardi in totale, lo 0,42% del Pil. E’ la sussidiarietà a far fronte a queste situazioni: i bisogni legati alla disabilità e alla non autosufficienza e alla prevenzione delle disautonomie e del disagio sociale vengono fronteggiati soprattutto da mogli e madri (36,8% dei casi), a cui si aggiungono figli che ritardano l’uscita da casa (6%), il problema abitativo e soprattutto aiuti a pagamento (28,2%). Anche l’apporto del volontariato è in calo: oggi rappresenta il 6,6% dei care giver contro il 7,9% del 1983 e il 5,6 del 1998. Da attuarsi parallelamente agli interventi di ‘moralizzazione’ dell’assistenza, cioè a dire, convertire parte dei contributi monetari (l’indennità di accompagnamento, pensione di reversibilità) in servizi, utilizzando la rete dei partecipanti al terzo settore (fondi integrativi, volontariato, cooperative) con il contributo dell’imprenditoria for profit.

Allo stato attuale in Italia sono presenti 242.028 posti letto residenziali e semiresidenziali (Anaste 2011) a fronte di un fabbisogno (su valori internazionali) di 496.198 (dati Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei LEA- 2009); l’ADI viene erogata a 385.348 anziani (22 ore di assistenza su base annua - dati Ministero della salute 2009) a fronte di un fabbisogno almeno pari al 6%, e cioè 870.000 assistiti (pari ad almeno 8 ore a settimana, come da valori internazionali), la conversione di quote delle prestazioni in moneta in servizi consentirebbe di avviare un sistema in grado di offrire in breve tempo una risposta ai maggiori bisogni della popolazione e delle famiglie (non più sole ad affrontare i problemi), contribuendo all’occupazione di 500.000 persone. Tagli, dunque, non lineari ma finalizzati ad una crescita di sistema che consenta di veicolare le riduzioni alle indennità reimmettendo una parte di esse nel sistema Paese attraverso i fondi integrativi sanitari e socio-sanitari, consentendo investimenti nel settore dell’edilizia e nuova occupazione.

Secondo molti “è necessario completare il quadro normativo dei fondi integrativi: l’obiettivo finale è quello di sviluppare una rete integrata tra pubblico e privato quale passaggio fondamentale per dare impulso ad un modello italiano di ‘big society’, orientato alla responsabilizzazione dei cittadini ed alla mutualità solidaristica”.

E’ importante sviluppare dei servizi di prossimità, secondo un nuovo modello di intervento “ad alta diffusione e bassa quantità di spesa”, collegando risorse pubbliche (compresi i MMG) con soggetti profit, cooperazione e volontariato per rispondere a finalità di prevenzione e monitoraggio, al fine di contenere significativamente il ricorso ai servizi residenziali e ospedalieri per le persone fragili e sole ,orientando la rete socio-sanitaria ad intercettare immediatamente le situazioni di rischio e di bisogno prima che siano conclamate.

La crisi rimanda ad antichi nodi irrisolti, ma può essere occasione per costruire una moderna Riforma del Welfare, capace di rispondere all’evoluzione dell’odierna domanda sociale, fuori da ogni logica assistenzialistica, dentro l’idea di un comune impegno ed esercizio di responsabilità condivise, tra tutti gli attori di un nuovo patto sociale. Istituzioni, mercato sociale, terzo settore, privato profit e non profit, Associazioni dei cittadini sul territorio.

Si possono integrare diritti e responsabilità, su inderogabili progetti di prevenzione, assistenza e salute, volti a raggiungere obiettivi comuni, di tutela dei beni primari e delle necessità di cura nel tempo complesso in cui viviamo.

Non riflettere all’ingente massa di danaro che costituisce l’out of pocket da parte dei cittadini,  intermediata solo per il 13,7/% in campo socio sanitario dai Fondi integrativi, senza mettere in campo strumenti di riorientamento di quello che c’è e di sviluppo verso forme collettive di socializzazione del rischio, attraverso la mutualità aperta di territorio, appare quanto meno un esercizio di non ottimizzazione delle risorse disponibili, lasciate, nel campo dei servizi alla persona, alle più svariate soluzioni fai da te, non sempre foriere di legalità, trasparenza e soprattutto qualità. 

Non mancano proposte, idee riformatrici, che non smarriscono l’universalità del sistema, ma che si sforzano di coniugare secondo una cerniera di coerenza, il ruolo delle istituzioni pubbliche, la sussidiarietà orizzontale e verticale, un vero decentramento dei diritti di cittadinanza costituzionalmente protetti, il pilastro della fiscalità generale con pilastri collettivi di socializzazione dei rischi, per allargare l’esigibilità dei diritti e renderli aderenti alla domanda di un moderno welfare, in cui nascere ed invecchiare deve poter essere un binomio accompagnato da una migliore qualità della vita per tutti.

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